26.07.1959

Mina la diciannovenne d'assalto dei juke box

di Giorgio Mottola - Sorrisi e Canzoni


Da un paio di settimane, nelle variopinte botteghe dei coiffeurs di Ischia, le eleganti signore dell'alta società internazionale chiedono quasi tutte "la spettinatura alla Mina". "Sa? - dicono quasi per giustificarsi - fa tanto capricciosa". Mina l'urlatrice sta furoreggiando in questi giorni nei night-clubs dell'isola: le sue interpretazioni violente raggiungono il pubblico in sala come una scudisciata, lo scuotono, lo trascinano all'entusiasmo. "Eppure non sa proprio cantare" commentano molti durante le passeggiate pomeridiane che le comitive di villeggianti compiono lungo la costa in attesa dell'ora di cena. E dello stesso parere è stato anche un noto critico che recentemente ha detto di lei: "Mina è un vero attentato al bel canto ed alla musica". Un fatto tuttavia è indiscutibile.: i suoi dischi hanno invaso i juke-box, e sono bastate due sole apparizioni in TV per concentrare su di lei la curiosità del pubblico. Forse perché il suo volto furbesco e sbarazzino, il suo gestire ritmico e "trasognato", i suoi urli esagerati lasciano intuire una personalità stravagante ed irrequieta.

<STRONG>Ha obbedito una sola volta</STRONG>

Ed in effetti, Mina è forse il personaggio più eccentrico che si sia affacciato fino ad oggi alla ribalta della musica leggera. I suoi fans già la chiamano "la svitata della canzone"; i genitori e gli amici intimi possono confermare questo soprannome. Nessuno sarebbe capace di giurare che Mina continuerà a fare la cantante, poiché potrebbe darsi che una mattina si svegli e decida di mettere su una fabbrica di saponette.
Mina Mazzini (ha un cognome piuttosto impegnativo come vedete) è una bella ragazza di diciannove anni. Il sex-appeal le sprizza da tutti i pori, e la sua vitalità eccezionale si nasconde dietro un falso atteggiamento da "nata ieri". Figlia di un ricco industriale di Cremona, ha trascorso l'infanzia coccolata e vezzeggiata da tutti. La prima volta che sentì il peso dell'autorità paterna fu quando si decise di mandarla a scuola. Lei, naturalmente, non voleva, come tutti i bambini della sua età; ma era troppo piccina per imporsi, e dovette arrendersi. Ci rimase male, però, e decise che da allora in poi l'unica volontà che sarebbe riuscita a dominarla sarebbe stata la sua.
Fortunatamente, i suoi desideri coincisero con quelli dei genitori. Il giorno in cui, terminate le scuole elementari, dovette scegliere il corso di studi che l'avrebbe preparata ad affrontare la vita, Mina si sentì infatti attratta verso le scienze esatte: la ragioneria, quindi, le andava proprio a pennello. Il padre non potette che congratularsi di questa scelta: la sua industria di colla stava per finire in buone mani.
Il problema fu portarli a termine, questi studi. Mina spartiva per mezze giornate intere, e nessuno sapeva dove fosse andata a cacciarsi. Montava a cavallo e galoppava sfrenatamente per le campagne; poi si gettava nel fiume e nuotava per alcuni chilometri. Quindi tornava a casa e si rinchiudeva in camera sua a leggere fino a notte inoltrata. I libri preferiti erano i romanzi di fantascienza, questa passione un giorno stava per costarle cara. Qualcuno le aveva detto che con una certa mistura di ammoniaca, nitroglicerina e naftalina si sarebbe potuto ottenere uno speciale "supercarburante solido" per far partire un piccolo razzo-giocattolo. Mina non se lo fece ripetere due volte e, ordinato da un fabbro un involucro d'alluminio, si gettò anima e corpo negli esperimenti. Impiegò tre giorni interi per dosare gli ingredienti e caricare il proiettile; nessuno, naturalmente, immaginava che cosa stesse facendo.
Poi, una mattina alle cinque, scese nel giardino della sua villa, montò il razzo su un treppiedi e, felice come una Pasqua, diede fuoco alla miccia. Un'esplosione così forte a Cremona l'avevano sentita forse soltanto sotto i bombardamenti. La fortuna volle che, prima di scoppiare, il razzo si fosse alzato di qualche metro da terra: così a rimetterci furono soltanto i cornicioni di casa Mazzini. Al boato, tutti i familiari della ragazza si precipitarono alla finestra per vedere che cosa fosse successo. "E chi poteva essere se non lei? - disse il padre appena si rese conto dell'accaduto - ah. Mina è proprio una mina".
A diciassette anni, la futura urlatrice non sapeva ancora quale strada scegliere nella vita. Una compagna le aveva parlato delle indossatrici, e lei si stava già orientando verso la carriera da mannequin. Certamente, non ci sarebbe stato barba d'uomo capace d'impedirglielo; ma una sera, mentre si trovava insieme add alcuni amici ad una fiera in un paesino nei pressi di Cremona, la stessa compagna la sfidò su di un altro terreno. In mezzo alla piazza era stato eretto un palco con microfoni ed orchestra e vi si stavano esibendo in quel momento Natalino Otto e Flo Sandon's. "Perché non diventi una cantante?", le disse l'amica mentre il pubblico applaudiva i coniugi della canzone. "Vuoi vedere che lo faccio?", rispose Mina. E si avvicinò decisa verso il palco.

<STRONG>Cantava gratis</STRONG>

Salì sulla scaletta, pregò il direttore dell'orchestra di accompagnarla, riempi' bene i polmoni e si mise a urlare con quanto fiato aveva in gola. Gli spettatori lì per lì rimasero un po' interdetti; ma alla fine furono tutti trascinati da quello stile irruento e personalissimo.
Il giorno dopo il suo "battesimo", Mina cominciò a sentirsi oppressa da quel cognome troppo storico. "Quando si diventa artisti, tutti si diventano un nome nuovo - si disse - Ebbene, a me basta soltanto quello di battesimo". Così, risolto il suo primo problema, pensò a far carriera. Si presentò a cantare dovunque ci fosse una pista da ballo e dovunque suonasse un'orchestrina. Gratis, naturalmente. Poi, un giorno, mentre si trovava in villeggiatura a Forte dei Marmi ebbe la ventura di farsi ascoltare dal direttore di una nota casa discografica, il quale le offrì seduta stante un vantaggioso contratto.
Ma a questo punto, ecco sorgere un altro problema, per il suo carattere ribelle: Mina doveva incidere i dischi seguendo a puntino gli ordini del maestro d'orchestra; e questo non le garbava affatto. A lei, magari, sarebbe piaciuta una certa sfumatura, un particolare effetto sonoro? Ebbene no: doveva inchinarsi al parere degli altri. Allora non c'era altro da fare che mettere su un complessino per conto proprio, del quale Mina fosse la "regina assoluta". Basta volerla una cosa, per l' urlatrice di Cremona"; in capo a pochi giorni, infatti, il complesso era stato formato.
Cinque giovani elementi (il pianista Fieschi, il batterista Coelli, il chitarrista Grossi, il basso "Gigione" ed il sax Pavesi) furono raccolti in meno di un mese. Mina li voleva giovanissimi e matti come lei: il più vecchio ha ventisei anni ed insieme sarebbero capaci di sedersi su di una polveriera e darvi fuoco. Il nome fu presto trovato anche per loro: "i solitari", simbolo di indipendenza. Mina è la loro sovrana: li dirige, li guida, sceglie gli arrangiamenti ed i repertori. Dei contratto non si occupa, invece: la cantante ha una repulsione istintiva verso tutto ciò che è formalità burocratica e soprattutto verso il denaro. Se le chiedete a quale quotazione sia arrivata adesso la sua formazione non sa rispondervi; "chiedetelo all'impresario", dice.

<STRONG>Il parere di papà</STRONG>

Quando si accorse di essere indecisa tra le canzoni italiane e quelle americane, Mina risolse salomonicamente il dilemma. Si "sdoppiò" in due: con il suo vero nome incise ed incide musica italiana. Con il nome esotico di Baby Gate "firma" invece i dischi dei successi stranieri. "Staremo a vedere - dice - quale delle due arriverà prima alla celebrità". Per lei non fa molta differenza. Suo padre si è ormai messo l'animo in pace; adesso anzi, comincia a vedere di buon occhio i successi artistici della figlia. "In fondo - commenta - è sempre una buona pubblicità per la mia fabbrica di colla. D'altro canto - aggiunge - noi cremonesi dobbiamo avere qualcosa di musicale in famiglia. Non per niente la nostra città ha dato i natali al celebre Stradivari, il costruttore dei violini magici. Ed in un certo senso, anche i violini strillano".

Giorgio Mottola



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