05.11.1988

Due articoli

di Enzo Gentile - Tuttolibri


Trent'anni dopo e ancora c'è la voglia di scherzare, di sorridere e, soprattutto, di cantare. Mina, sempre Mina, fortissimamente Mina. Secondo la scadenza rituale, frutto di stagione prenatalizio, Mina torna a proporre il suo campionario di fantastica interprete con un doppio album, Ridi pagliaccio, lungo un tragitto di ventuno tracce dove fare sfoggio di una voce che dimostra di non sentire il tempo. Sono passati trent?anni, infatti, dal debutto sulle scene di Mina: allora, la signorina di Cremona conosciuta col nomignolo di Baby gate e stuzzicata dal fenomeno fresco di importazione in Italia del Rock Ôn roll aveva appena iniziato ad impressionare gli operatori del settore, grazie ad una personalità che l?avrebbe rivelata come la maggiore esponente in assoluto del bel canto (leggero) all?italiana. Oggi, dall'eremo svizzero, da dove filtrano timide e avare notizie, solo in coincidenza con l'uscita dei dischi, Mina si diverte a distribuire una manciata di canzoni ogni anno: e l?umore deve essere proprio buono se, rinunciando a mascherature e a tribolati fotomontaggi, ha scelto di farsi fotografare, addirittura con un ricca torta di panna sulla testa, ciliegine e trenta candeline, per festeggiare a modo suo la ricorrenza. E? questa la novità saliente di Mina versione 1988, visto che il lavoro di cantante lo assolve, come di solito, nel migliore dei modi. In Ridi pagliaccio, così intitolato in onore di una ripresa, peraltro non memorabile, dell?aria di Leoncavallo, si ascoltano pagine squisite, impreziosite dall?intervento di Mina, alternate ad altre non sempre all?altezza: anche questa è una regola, visto che da tempo si osserva come tutti gli album doppi di Mina potrebbero essere sfoltiti senza nessun reale impoverimento artistico. Ma alla Divina, si sa, è giusto concedere questo e altro. Sono belle e importanti quasi tutte le rivisitazioni operate da Mina, a partire da Il portiere di notte di Ruggeri, Canzoni stonate, conosciuta nella versione di Morandi (1982) e Noi due nel mondo, nell?anima, dei primi Pooh, ravvivata da un lancinante assolo di chitarra elettrica, per giungere ad alcuni "must" del repertorio internazionale, I left my heart in San Francisco, Moody?s mood e in particolare You?ll never Know, vispa e ironica, nella più sana vena dell?artista. Un solo punto debole in questa parte dell?album, l?impossibile sfida a Madonna con Into the groove, da cui risulta chiaro che Mina è una cantante straordinaria che sul campo della dance music deve però rendere anni, energie, fisicità e scioltezza della signora Ciccone in Penn. Un?altra abitudine, questa non proprio positiva, sta proprio nella zona d?ombra in cui Mina sprofonda talvolta con la scelta del nuovo materiale da affidare alla sua voce. Guidata dall?istinto di vecchia volpe dell?ambiente e dal figlio Massimiliano Pani, coautore di diversi pezzi e arrangiatore di quasi tutto l?album, Mina non riesce a risollevare dalla mediocrità alcune canzoni, assolutamente trascurabili, che scivolano via senza lasciar traccia, poco più che un riempitivo qualsiasi. Da rammentare comunque come più meritevoli sotto questo profilo ci sono Lui, lui, lui - sigla al programma di Raiuno "Domani sposi" -, E?Natale, ballata agrodolce sui significati di quella festa, L?ultimo gesto di un clown, la cronaca accorata di un addio, e Bigné, un brillante divertissement per golosi in salsa jazz: tutto il resto invece è da dimenticare senza nessun rimpianto, un personaggio come Mina dovrebbe pretendere per sé qualcosa di più. Ben orchestrato, suonato con grande dignità e precisione dai musicisti coinvolti - un bel manipolo di esecutori di estrazione diversa, tra i quali vanno ricordati il pianista jazz Renato Sellani, un batterista discreto e persuasivo come Ellade Bandini e l?ardimentoso chitarrista Paolo Gianoglio - Ridi pagliaccio è un album onesto e sincero, ma che nulla può aggiungere alla gloria di Mina. La quale, forse per vezzo, forse per distrazione, tra le austere note di copertina, e anche sull?etichetta del disco ha "dimenticato" di segnalare e citare il produttore; come dire che il marchio di fabbrica è quello di sempre, di un?organizzazione familiare artigianale a cui non bisogna chiedere bizzarrie, né voli oltre i margini consolidati. Ovvero come avrebbe suggerito uno slogan di qualche tempo fa: Mina, un nome che vuol dire fiducia.

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<STRONG>Parlano Enrico Ruggeri, Ricky Gianco, Roby Facchinetti, Ivano Fossati </STRONG>
Gli autori: che fortuna essere scelti da lei

Quando viene annunciato un nuovo disco di Mina sono in molti a scattare idealmente sull?attenti dai dirigenti della sua casa discografica, sensibili agli introiti di quei best-seller, agli addetti ai lavori che con le orecchie ben tese vogliono premiarsi dopo tanti album italiani modesti, ascoltati e recensiti a forza, dal cortese pubblico che compra ormai a scatola chiusa - alcune centinaia di migliaia di copie vengono regolarmente vendute - agli autori di canzoni che sperano di essere tra i fortunati, superando la concorrenza che si dice agguerritissima. Piazzare infatti un brano in un disco di Mina è una sorta di Laurea ad honorem; la sua è una voce cui tutti hanno sognato di poter affidare una canzone e così le proposte che arrivano presso il suo quartier generale di Lugano non si contano. Da qualche tempo, oltretutto, l?album doppio di Mina, recapitato puntualmente in autunno, è rigidamente diviso: su un disco ci sono pezzi inediti, sull?altro classici o comunque composizioni rivisitate. E quelli che puntano ad essere scelti da una parte o ripescati dall?altra sono davvero tanti. Abbiamo sentito alcuni di questi beneficiati, tutti autorevolissimi professionisti della canzone a cui l?attenzione riservata da Mina aggiunge lustro e nobiltà. Enrico Ruggeri è stato scelto per aprire il disco, una posizione di grande prestigio per la sua Il portiere di notte: "Si tratta di una gratificazione immensa - dice il cantautore milanese - E? questo un tipo di consacrazione a cui tutti noi teniamo moltissimo, perché Mina rappresenta un pezzo di storia che va ben oltre l?oggetto discografico. Per me è stato come un regalo inatteso: credo che la sua attenzione sia caduta su Il portiere di notte perché quella è tra le mie canzoni una delle più teatrali, non a senso unico, che si presta a una rilettura che dia spazio all?immaginazione. E la versione che ne dà Mina è, come sempre le accade, filtrata dalla sua sensibilità, dalla sua emotività, che abbinate alla voce forniscono una forma inimitabile". "Mi è venuta le pelle d?oca - racconta Roby Facchinetti, recuperato con i Pooh in Noi due nel mondo, nell?anima-. Non so come ci sia arrivata, perché quello è un pezzo del nostro repertorio antico, dei primi anni Settanta. Sono felice perché ho scoperto che le si adatta benissimo e che attraverso la sua voce ne ha guadagnato in feeling, in magia. In una canzone Mina sa esaltare i pregi armonici e melodici in maniera ideale: come lei, credete, davvero non c?è nessun?altra". Un altro autore cui si è dedicata Mina è Ricky Gianco che le diede negli ani passati Un cucchiaino di zucchero nel thè per l?album Sì, buana del 1986: "E?un personaggio imprevedibile, che setaccia il materiale con una serietà e una cura esemplari. Io mi ritengo un privilegiato perché già nel ?64 Mina cantò un mio pezzo, E? inutile, che risentiva di influenze beatlesiane, come ovvio all?epoca. Io l?ho conosciuto e posso dire che si tratta di un tipo assolutamente estroso, che vive di stati d?animo e di umori per nulla standardizzati. E? una creativa, in grado di inventare e di spiazzarti sempre, per cui non si riesce a intuirne i percorsi. Così diventa impossibile scrivere qualcosa per lei su misura, la canzone fatta apposta per Mina non esiste: è comunque lei che decide, e questa diventa una garanzia di qualità". Chi deve essere particolarmente riconoscente a Mina è Ivano Fossati, "scoperto" più di dieci anni fa in un periodo buio della sua carriera. "Erano momenti in cui i miei dischi non funzionavano e le mie canzoni non le voleva nessuno e la persona che determinò curiosità e interesse intorno a me come autore fu proprio Mina. Nel suo disco dal vivo del 1978 presentò due mie canzoni, Non può morire un?idea e Stasera io qui: fu come rompere il ghiaccio e tutto accadde casualmente, con estrema naturalezza. Le serbo veramente una estrema gratitudine".

Enzo Gentile



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